La fine della Apple è scritta nell’anno 2017

La fine del gigante dell’elettronica è segnata dalla mancanza di un metallo indispensabile alla fabbricazione di tutti i suoi dispositivi: l’indio. La ricerca di soluzioni alternative è già iniziata.

Apple, leader globale nell’high tech, dal software all’hardware, da sempre protagonista dell’innovazione e delle soluzioni tecnologiche più avanzate, che ha cambiato il modo di vivere di tutti noi. Una società che ha raggiunto una capitalizzazione alla borsa di Wall Street di 500 miliardi di dollari e che da lavoro a circa 73.000 dipendenti in tutto il mondo.

Questo gigante tecnologico potrebbe scoprire di avere i piedi di argilla. E a minare la solidità dell’impero fondato dal celebre e rimpianto Steve Jobs, potrebbe essere qualcosa che poco ha a che vedere con la genialità, i brevetti, i software di ultima generazione o con l’intelligenza artificiale ma qualcosa di molto semplice, banale e tangibile come un metallo: l’indio.

Infatti nel 2017, le forniture globali di indio potrebbero esaurirsi. Chi non conosce l’indio, si domanderà che cosa c’entra con il destino della Apple, il produttore iPad e di iPhone. L’indio, un metallo raro con una capacità enorme di condurre elettricità, permette ai nostri telefoni cellulari di essere più intelligenti, ai nostri televisori e ai nostri iPad di avere schermi più grand, piatti e ad alta risoluzione. Come diventerebbe la nostra vita quotidiana senza questi oggetti che sono diventati indispensabili? La nostra società senza schermi digitali potrebbe mantenere gli standard di servizi a cui siamo abituati? Difficile immaginarlo, ma il rischio che questo scenario si verifichi, non è del tutto improbabile.

Secondo gli analisti, l’offerta di questo metallo non è più in grado di soddisfare la domanda, anche perché la disponibilità del metallo si esaurirà nel 2017 e i settori che ne verranno colpiti saranno quelli dell’elettronica e delle celle solari, per i quali l’indio è ormai indispensabile e privo di sostituti.

Di conseguenza, il prezzo dell’indio è schizzato negli ultimi anni, passando dai 60 dollari al chilogrammo nel 2003 ai 1.000 dollari nel 2007, prezzo che mantiene ad oggi. Inoltre, è nato un nuovo contrabbando per l’industria dell’indio, principalmente proveniente dalla Cina.

L’offerta di indio non è in grado di soddisfare le voraci richieste della nostra società. L’indio è infatti  un sottoprodotto dell’estrazione dello zinco, dal momento che è presente in tracce all’interno di giacimenti di altri minerali. Qualche volta è così rarefatto da raggiungere una parte per milione. Perciò, non esistendo giacimenti di indio, l’aumento della domanda non può essere soddisfatto da un pari aumento dell’offerta. Qualche ironico osservatore ha commentato che la maggior parte dell’indio è incastrato sotto forma di atomi sparsi all’interno della crosta terrestre, senza che l’uomo possa mai utilizzarlo tutto.

Se le previsioni si rivelassero corrette, le opzioni a disposizione non sono molte. La prima opzione è di aumentare gli sforzi di riciclaggio dell’indio, anche se recuperare le basse quantità contenute nei circuiti elettronici è un processo economicamente dispendioso e al momento non esiste ancora una tecnologia per un riciclo ecologico e conveniente.

L’altra opzione è di trovare un altro materiale che sia trasparente, leggero e che conduca elettricità nel modo più efficiente. Una sfida impegnativa per i prossimi decenni e che vede soltanto alcuni candidati. Uno dei più promettenti è il grafene (“Le nuove tecnologie al grafene rivoluzioneranno l’elettronica“), un materiale scoperto recentemente, molto versatile e dalle infinite possibilità d’impiego. Purtroppo, per il momento, gli utilizzi del nuovissimo materiale sono ancora all’interno dei laboratori di ricerca più avanzati e difficilmente le applicazioni commerciali arriveranno tanto presto.

Di certo, per soddisfare il nostro bisogno di touchscreen e di tecnologia portatile,  i prezzi dell’indio diventeranno davvero proibitivi per tutti i produttori di high-tech come Apple, Samsung, Sony, etc. etc. e se nel 2017 non avremo trovato soluzioni alternative, i piedi di argilla dei giganti dell’elettronica potrebbero sbriciolarsi proprio davanti ai nostri occhi.

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