Diamanti e tulipani: storia di due investimenti catastrofici

Per tutti gli investitori, due drammatiche lezioni da non dimenticare, che arrivano da un passato non troppo lontano.

Diceva Edmund Burke: “Chi non conosce la storia è condannato a riviverla”.

Il mercato degli investimenti è una dimostrazione eclatante di questa celebre massima. A 340 anni di distanza l’una dall’altra, due tra le più grandi bolle mai viste, si sono gonfiate e sono esplose riducendo sul lastrico molti investitori.

Due storie, la prima che risale al 1637, e la seconda, alla fine degli anni ’70, che vale la pena ripercorrere per non dimenticare gli errori del passato.

La Tulipomania

Nel 1554, Ogier de Busbecq, ambasciatore del Sacro Romano Imperatore Ferdinando I alla corte del Solimano, il sultano dell’Impero Ottomano, tornò a Vienna da Costantinopoli portando con sé i primi bulbi di tulipano mai visti in Europa occidentale. Non poteva sapere che questo semplice atto avrebbe scatenato una catena di eventi che avrebbero prodotto la prima bolla speculativa della storia, nota come la Tulipomania.

I tulipani cominciarono a spuntare da Vienna ad Amburgo, ma soprattutto in Olanda. A quei tempi, il paese era all’apice della sua potenza economica e i tulipani erano insolitamente in grado di tollerare e di adattarsi alle condizioni atmosferiche difficili e dure dei Paesi Bassi. Ma a determinare la popolarità di queste piante furono i colori intensi che davano loro un aspetto nobile, trasformandoli in uno status symbol molto ricercato.

La grande ricchezza dei cittadini olandesi e un’offerta di tulipani assai inferiore alla domanda, portarono i prezzi a raddoppiare al passare di ogni anno. Le aste di tulipani che si tenevano ad Amsterdam, Haarlem e in altre città olandesi erano affollatissime e gli investitori nel settore aumentarono in modo esponenziale.

Molti compravano contratti futures, che essenzialmente significavano l’acquisto di piante che non erano ancora cresciute, ne tanto meno fiorite. Sembrava che i prezzi avessero una sola direzione:  quella della salita. Al culmine della bolla speculativa, nell’inverno del 1637, alcuni bulbi di tulipano erano venduti a più di dieci volte il reddito annuo di un professionista qualificato.

Ma improvvisamente, e senza preavviso, si diffuse una voce che uno specifico tipo di tulipano non aveva trovato nessun acquirente durante un’asta. La notizia si diffuse rapidamente e provocò un’ondata di panico e di vendite, con i prezzi che crollarono, lasciando gli investitori con una manciata di bulbi di tulipani senza quasi alcun valore.

La Diamantomania

Se qualcuno pensa che una simile storia possa verificarsi soltanto nella preistoria della finanza, non è tra i veterani del mercato dei diamanti che, ancor oggi, sentono correre i brividi lungo la schiena quando riaffiorano i ricordi della bolla sui diamanti della fine anni ’70.

Tutto ebbe inizio nel 1976. Il governo israeliano, che all’epoca voleva attirare valuta estera con un rapido sviluppo del settore nazionale dei diamanti, cominciò a fornire enormi capitali alle banche commerciali, con tassi di interesse molto bassi. Pensando che le banche avrebbero riversato il beneficio sui loro clienti, si sperava che il settore dei diamanti israeliano avrebbe aumentato le scorte e le esportazioni. Inoltre, i dollari che provenivano dalla vendita di diamanti, venivano cambiati a tassi più favorevoli.

Tali politiche resero particolarmente interessante la speculazione sui diamanti grezzi, con l’espansione di una bolla della domanda, completamente avulsa dal mercato dei diamanti lavorati. In altre parole, per le aziende era assai più conveniente comprare e rivendere diamanti grezzi, approfittando della rapida e apparentemente continua crescita dei prezzi, che non lavorarli e venderli al consumatore.

A peggiorare le cose, ci si misero i commercianti che lasciavano nelle banche come deposito a garanzia i diamanti grezzi, ricevendo denaro in prestito a tassi bassissimi, con il quale acquistavano altri diamanti grezzi.

Le quantità di diamanti nei caveau delle tre principali banche di Israele, così sopravvalutati, costituivano una enorme minaccia per la stabilità finanziaria globale. Ma la febbre contagiò presto tutta la comunità degli investitori, da Anversa a New York. Per avere un’idea di cosa significò per i prezzi, basti pensare che, nel marzo 1977, un diamante da un carato (D-IF) si vendeva a 7.200 dollari ma, tre anni dopo, la stessa pietra valeva più di 60.000 dollari!

La bolla scoppia!

Nel tentativo di evitare che i mercati finissero completamente fuori controllo, nella primavera del 1978, la De Beers decise forti aumenti dei prezzi per i Sightholder (i principali grossisti mondiali). L’azienda avvisò le banche israeliane che stavano finanziando i propri clienti fidandosi della garanzia di diamanti a valori grossolanamente gonfiati.

Le politiche di prezzo della De Beers e l’arrivo di una grave recessione economica negli Stati Uniti e in Europa fecero scoppiare la bolla speculativa. Tra il marzo 1980 e il settembre del 1981, il valore un diamante da un carato (D-IF) si era dimezzato e, nel settembre del 1985, il suo valore era di circa il 20% di quello di appena quattro anni prima. Centinaia di aziende indebitate furono costrette a dichiarare fallimento, tra cui anche nomi assai noti e altisonanti del settore.

Ci vollero anni, nel 1987 circa, perché il mercato potesse riprendersi, ricominciando a crescere su basi più solide.

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