Il data center di Microsoft, in fondo all’oceano

Microsoft ha installato il suo secondo Data Center sottomarino. Una strada che porterà ad una riduzione del fabbisogno di elettricità terrestre o che danneggerà l’ambiente?

Microsoft ha annunciato da qualche giorno di aver immerso il suo secondo data center sperimentale al largo delle coste della Scozia. L’iniziativa fa parte del progetto Natick, che ha l’obbiettivo di studiare data center meno voraci di energia.

Come noto, i grandi data center consumano enormi quantità di energia per il raffreddamento, con conseguenze ambientali ancora non ben quantificate ma, certamente, non benefiche. Motivi che hanno spinto Microsoft ad impegnarsi nel progetto Natick, per costruire e gestire data center modulari, ecocompatibili, pre-confezionati in varie dimensioni e lasciati ad operare sul fondo marino per anni.

864 server sott’acqua

Il nuovo data center marino è grande quanto un container (quelli utilizzati per il trasporto) e contiene 12 rack, con un totale di 864 server. Ha una capacità di 27,6 petabyte, che per Microsoft equivale a uno spazio di archiviazione equivalente a cinque milioni di film e alla potenza di diverse migliaia di PC di fascia alta. Inoltre, consuma 240 kW di elettricità, tutti provenienti da fonti rinnovabili, tra cui eolico, solare, maree e onde.

Ma proviamo per un momento ad immaginare migliaia di data center, come quello Microsoft, immersi nel mare in tutto il mondo. Quali saranno gli effetti ambientali di tutti questi data center ultra efficienti dal punto di vista energetico? Sarà davvero un aiuto per l’ambiente visto che riducono il fabbisogno di elettricità terrestre o lo danneggerà?

Un tipico data center consuma solo una piccola parte dell’energia che divora per fare qualcosa di utile, come potrebbe essere l’elaborazione dei dati. Il resto, fino al 98%, viene sprecato sotto forma di calore. La prima cosa che si potrebbe pensare è di riutilizzare questo calore, per esempio, nelle reti di riscaldamento domestico. Purtroppo, non è una soluzione sempre possibile, dal momento che il calore si perde facilmente quando deve essere trasportato dal suo luogo di origine e, spesso, non è abbastanza caldo da essere utilizzato come alternativa ai metodi di riscaldamento convenzionali.

Anche sott’acqua il calore non scompare

Le più importanti aziende del settore, per risolvere il problema del calore e per ridurre i costi di raffreddamento, stanno spostando i loro data center nelle parti più fredde del mondo. In questa chiave, il Mare del Nord è indiscutibilmente un buon posto per un centro dati sommerso.

Tuttavia, esiste un grosso problema. Il calore non scompare solo perché il data center è sott’acqua e, naturalmente, più data center finiscono sott’acqua e più calore viene generato. Gli oceani del mondo si stanno già riscaldando in eccesso e la diffusione su scala industriale di soluzioni come quella di Microsoft, potrebbero avere effetto sulla temperatura degli oceani vicino alle coste.

Comunque, siamo ancora nel campo delle congetture e, certamente, è troppo presto per preoccuparsi circa un possibile impatto sull’ambiente. Rimane invece l’interesse per i risultati del progetto Natick circa le possibilità di un’applicazione ecocompatibile ed economica come i data center subacquei modulari.

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