Bello ma impossibile. Il mondo non può rinunciare al nucleare

Nonostante le paure della gente, l’energia nucleare è l’unico modo che conosciamo per sottrarci dalla pericolosa schiavitù dei combustibili fossili.

In Italia è difficile ragionare di energia nucleare senza scatenare reazioni a base di slogan e pregiudizi che nascondono, nella maggioranza dei casi, una scarsa conoscenza dell’argomento.

Cominciamo perciò ad illustrare alcuni numeri, che forse non tutti conoscono.

Nel 2018, il mondo ha prodotto 2.701 terawattora (TWh) di energia nucleare. Ciò rappresenta un lieve declino rispetto agli ultimi dieci anni, ma la cosa è in qualche modo fuorviante. Infatti, la produzione globale di energia nucleare è diminuita del 10% dal 2010 al 2012 (post disastro nucleare di Fukushima, in Giappone), ma dal 2012 è aumentata anno dopo anno.

Fukushima e Chernobyl

Fukushima non è stato il primo incidente nucleare. L’incidente più grave è stato il disastro di Chernobyl del 1986. Per quanto possa sembrare illogico, il ritmo di crescita dell’energia nucleare nel mondo ha rallentato dopo Chernobyl, ma non così tanto come dopo l’incidente di Fukushima.

Attualmente, il più grande produttore di energia nucleare del mondo è anche la prima potenza economica: gli Stati Uniti. Nel 2018, il paese ha prodotto 850 TWh di energia nucleare, che rappresentano il 31,4% di quanto viene generato nel mondo. La Francia, al secondo posto, produce il 15,3% della quota globale. La Cina è al terzo posto, con una quota globale del 10,9%. Tuttavia, il programma nucleare cinese è in forte crescita e la Cina è uno dei due paesi che, percentualmente, hanno fatto maggiormente crescere l’energia nucleare negli ultimi dieci anni (l’altro paese è il Pakistan). A seguire ci sono la Russia, con il 7,6% della quota globale, e la Corea del Sud con il 4,9%.

Guardando invece soltanto allo scorso anno, è il Giappone a registrare il maggiore aumento percentuale di energia nucleare, con un aumento del 68,9% rispetto al 2017. Tuttavia, la sua produzione nucleare rimane ben al di sotto dei livelli pre-Fukushima. Ma anche Cina, Svizzera, Pakistan, Taiwan, Messico e Argentina han avuto incrementi percentuali a due cifre nel 2018.

Sul lato opposto c’è la Germania, che rimane impegnata a eliminare gradualmente l’energia nucleare, ma che rimane comunque uno dei primi dieci produttori mondiali.

Le illusioni delle energie rinnovabili

Le energie rinnovabili, come il vento e il solare, sono ben lontane dal generare più elettricità a livello globale rispetto al nucleare, almeno nel breve e medio termine. Certamente, stanno crescendo a ritmi sostenuti ma non abbastanza rapidamente da fermare la crescita dell’energia prodotta dai combustibili fossili.

L’anno scorso il consumo globale di carbone, petrolio e gas naturale è stato quasi quattro volte la crescita delle energie rinnovabili. Di conseguenza, le emissioni globali di biossido di carbonio hanno fissato un nuovo massimo storico. È probabile che tali tendenze continuino per il prossimo futuro.

Secondo le previsioni, ci sarà un rapido tasso di crescita per le energie rinnovabili, ma uno ancora maggiore per i combustibili fossili. Perciò, l’unica fonte di energia su larga scala che non genera emissioni di CO2 e che può colmare questo divario è il nucleare.

La paura collettiva del nucleare

Di fatto, però, il grande pubblico ha paura del nucleare. Una paura collettiva che dobbiamo affrontare e superare se vogliamo sostituire i combustibili fossili. La tecnologia e l’esperienza possono aiutarci a realizzare progetti nucleari a prova di fallimento, cercando di mitigare le possibili conseguenze di imprevisti e realizzando impianti il quanto più possibile sicuri.

Che piaccia o non piaccia, rifiutare a priori l’energia nucleare significa avere maggiori emissioni globali di biossido di carbonio. Non è forse un prezzo troppo elevato da pagare per chi si preoccupa per gli impatti dei cambiamenti climatici?

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