I bambini-minatori del Congo

Amnesty International denuncia che le più importanti aziende tecnologiche e di auto elettriche potrebbero aver acquistato componenti a base di minerali estratti da bambini-minatori.

Amnesty International ha denunciato che una parte del cobalto utilizzato nelle batterie al litio, proviene da miniere dove i bambini lavorano rischiando la vita. Alcuni di loro hanno appena sette anni e sono sottoposti a violenze, estorsioni e intimidazioni… per una paga di 7 dollari al giorno.

Esiste il rischio concreto che il cobalto dei bambini-minatori sia entrato nelle catene di approvvigionamento delle grandi aziende internazionali.

Lavorare fino a 24 ore al giorno… in una miniera

Circa la metà delle forniture mondiali di questo metallo proviene dalle miniere della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Il 20% del cobalto estratto in RDC è opera dei cosiddetti minatori artigianali, piccole imprese non regolamentate nelle quali, secondo una stima dell’UNICEF del 2014, lavorano circa 40.000 bambini.

Bambini che lavorano fino a 24 ore al giorno, esposti a micro polveri che provocano gravi malattie polmonari, trasportando sacchi pesanti da 20 a 40 chilogrammi. Alcuni lavorano in cunicoli sotterranei, altri in ruscelli o laghi dove lavano le pietre estratte.

Sul mercato internazionale la domanda di cobalto è in aumento, ma il settore rimane in gran parte non regolamentato. Inoltre, questo minerale riesce ad aggirare la legge in vigore negli Stati Uniti, che obbliga le aziende a dichiarare se i propri prodotti sono conflict-free.

Secondo Amnesty International, decine di aziende sparse in tutto il mondo comprano dalla società cinese Zhejiang Huayou Cobalt. Questa società controlla uno dei più grandi produttori della RDC, la Congo Dongfang Mining, a cui fanno capo quasi tutti i minatori artigianali.

Bambini-minatori nella catena di forniture della Apple?

La Zhejiang Huayou Cobalt vende il suo cobalto ai produttori di batterie di tutto il mondo. Anche aziende come Apple, Microsoft, Vodafone, Samsung, GM, Renault-Nissan, Fiat Chrysler, Volkswagen, Daimler e Tesla non sono attualmente in grado di escludere che nella loro catena di forniture ci sia cobalto proveniente dai bambini-minatori.

Le aziende in questione, in risposta alla relazione di Amnesty International, hanno risposto che indagheranno per scoprire se nella loro filiera di fornitori di cobalto ci siano società che sfruttano il lavoro minorile. Purtroppo, ad oggi, non sono in grado di dare informazioni complete a riguardo.

Colpisce l’attenzione di molti osservatori che, soprattutto le grandi aziende dell’High Tech, che hanno sempre sostenuto una politica di tolleranza zero verso il lavoro minorile, manifestino una totale ignoranza sulla provenienza del cobalto, un metallo così importante e vitale per molti dei loro prodotti.

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