Aiuti in Africa? No, grazie! Ce la caviamo da soli…

Cosa impedisce al continente africano di affrancarsi da una condizione di povertà cronica? La colpa è dell’elemosina occidentale, che rende l’Africa aiuti-dipendente.

In tutto l’Occidente, compreso paesi come l’Italia, la solidarietà internazionale è diventata una bandiera democratica e progressista, fin dagli anni ’80.

L’impulso umano alla solidarietà, la cattiva coscienza, le immagini di bambini affamati in televisione, il numero e la crescente influenza delle ONG (Organizzazioni Non Governative) che vivono sugli aiuti e l’opinione pubblica, hanno eletto gli aiuti come lo strumento preferito contro il sottosviluppo.

La questione degli aiuti all’Africa, per esempio, è diventata quasi un dogma, difficile da discutere e da accettare obbligatoriamente ad occhi chiusi. Ma molti accademici hanno iniziato a mettere in discussione questo dogma.

Quando l’aiuto è il problema

Pur sembrando una questione non molto politically correct, ci sono voci autorevoli che sostengono che, senza aiuti, i poveri africani se la caverebbero meglio che con essi. Peter Bauer e Amartya Sen, William Easterly, Paul Polak e Paul Collier, hanno scritto libri molto interessanti sull’argomento.

Tra loro c’è anche l’economista Dambisa Moyo. Nata nello Zambia e formatasi ad Oxford e Harvard, sostiene da tempo che gli aiuti occidentali hanno aiutato i poveri a diventare più poveri e hanno rallentare la crescita. Che questi aiuti abbiano alleviato la povertà sistemica è solo un mito.

Tuttavia, gli aiuti continuano ad essere un punto centrale dell’attuale politica per lo sviluppo del continente africano.

Secondo Dambisa Moyo, l’assistenza multilaterale sotto forma di tassi di interesse morbidi e scadenze lunghe dei prestiti, insieme alle donazioni, hanno affondato l’Africa. In questo contesto, le offerte caritatevoli rappresentato solo una piccola parte del totale degli aiuti.

Aiuti per la corruzione endemica

Negli ultimi 60 anni sono stati spesi un trilione di dollari, ma sono stati ottenuti pochi risultati. Meglio poco che nulla, potrebbe dire qualcuno. In realtà, gli aiuti non sono innocui, tutt’altro. Il problema è che questi aiuti non sono benigni, ma maligni; non fanno parte della potenziale soluzione, ma sono parte del problema.

Il circolo vizioso degli aiuti facilita la corruzione endemica, scoraggia gli investimenti, indebolisce le istituzioni, alimenta i conflitti armati, sostiene governi irresponsabili, indebolisce il capitale umano e la società civile, aumenta l’inflazione, distorce la competitività, incoraggia settori pubblici improduttivi e induce i governi a perdere interesse nella riscossione delle imposte.

Poiché i flussi degli aiuti sono visti come entrate permanenti, i responsabili politici africani non hanno alcun incentivo a cercare modi diversi e migliori per finanziare lo sviluppo a lungo termine.

La ricetta cinese: materie prime in cambio di infrastrutture

Molto, ma molto meglio quanto fatto nel corso degli ultimi anni dalla Cina. A differenza dell’Occidente, i cinesi hanno applicato il semplice baratto di infrastrutture in cambio di materie prime. È uno scambio dove nessuno ha illusioni su chi fa cosa, per chi e perché, ma è un modello di investimento infinitamente più efficace di quello occidentale.

Tutto quanto esposto per spiegare il caos geografico, storico, umano, sociologico, etnico e istituzionale dell’Africa, vorrebbe contribuire a porre fine all’ipocrita ed infruttuosa commedia della carità al continente africano, così efficace nel lavare le coscienze sporche degli occidentali.

Per chi volesse saperne di più, Dambisa Moyo è autrice di alcuni best-sellers sull’argomento, tra i quali (in italiano) “La carità che uccide. Come gli aiuti dell’Occidente stanno devastando il Terzo mondo“. Buona lettura…

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